Con la Domenica delle Palme entriamo nel grande mistero della settimana Santa. La liturgia di questa domenica è particolare, in quanto è l’unica celebrazione ad avere la proclamazione di due passi del Vangelo, la prima volta si legge prima della solenne processione e narra appunto l’ingresso di Gesù in Gerusalemme, la seconda volta si legge tutta la passione di Gesù fino alla sepoltura. È una celebrazione lunga ma fa capire bene come nell’arco di pochi giorni Gesù passa dall’essere osannato alla pena di morte.
L’affresco che propongo è un’opera famosissima di Giotto intitolata appunto ‘Entrata di Cristo a Gerusalemme’ risalente ai primi del XIV secolo (1304 d.C.), ancora oggi visibile nella cappella degli Scrovegni a Padova.
Quest’opera oltre ad essere meravigliosa esaltando sempre la bravura del maestro Giotto, ha delle piccole caratteristiche interessanti, in quanto l’opera di riferimento non è singola ma fa parte di un ciclo di affreschi all’interno della cappella stessa.
Il primo elemento che risalta nell’affresco è proprio Cristo, che cavalca un asino, questo avvenimento dell’asino è interessante in quanto solo nel vangelo di Matteo è specificato, interessante il fatto che Matteo che è un Israelita e scrive il Vangelo per comunità ebraiche che credono in Gesù, il sottolineare la presenza dell’asino è per far riferimento al profeta Zaccaria che dice: “Esulta grandemente figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino, un puledro figlio d'asina.” (Zc 9,9). Il re si avvicina a Gerusalemme ma è un re diverso da tutti quelli che il mondo conosce, è un re di umiltà che cavalca l’asina. Sempre il profeta Zaccaria parla di come il messia entra a Gerusalemme, cioè passando dal monte degli ulivi ed entrando a Gerusalemme (cf Zc 14,4), Matteo descrive in modo analogo la stessa scena e infatti parla di Betfage, che è sul lato opposto del monte degli ulivi.
Alle spalle di Gesù vi sono i discepoli che si guardano increduli di quello che sta avvenendo, infatti poche pagine prima di questo racconto il Vangelo ci narra che Gesù deve scappare per non essere ucciso. In alto troviamo dei ragazzi che si arrampicano sull’albero per prendere i rami di ulivo e gettarli a terra dove passa Gesù questo è un chiaro simbolo di regalità che si faceva quando passava qualcuno di importante.
La cosa più interessante a mio parere sono le persone che accolgono Gesù, il Vangelo ci parla che oltre ai rami stesi a terra dove passava Gesù molti stendevano anche il proprio mantello. Qui Giotto a mio parere ha un intuizione geniale, raffigura esattamente la scena descritta dal Vangelo ma con la particolarità di un uomo che non getta a terra il mantello ma si sta spogliando dell’unica tunica. Quest’uomo ha capito che difronte a Gesù, il Cristo bisogna mettersi a nudo, spogliarsi delle proprie strutture dei propri averi delle proprie convinzioni per poter accogliere in pienezza Cristo. Imitare in tutto il maestro Gesù che “spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo” (Fil 2,7).